Le voci e il nipote di Parrot.



3-4-5 Voci ammašcate per il poeta nipote di Parrot.(
Mini-Lebenswelt di V.S.Gaudio con Giorgio Manganelli ( Centuria 82


Ogni tanto, diciamo con un ritmo di tre, quattro volte al giorno, il poeta riceve  delle telefonate che potrebbero non essere destinate a lui[i], difatti spesso la voce gli chiede se è lui il titolare della bolletta che reca il nome della suocera che fu titolare dell’omonimo pisciaturo; comunque queste telefonate lo lasciano talora sconcertato, talora avvilito, talora eccitato, difatti a volte pensa che sia uno scherzo di RDS, e che la voce sia quella di Rossella Brescia o di Barti Colucci, comunque sempre rattristato. Voci diverse irrompono nella sua vita abbastanza isolata, se non del tutto, e gli parlano, distrattamente, e con protervia, non di immagini di vita che egli non frequenta ma di tariffe, a loro dire, promozionali in specie di Tim, e, prima ancora, di Telecom, quell’azienda di stato che, a un certo punto dell’inizio del secolo ventunesimo, si inventò  il modulo da riempire per farti mettere nell’elenco con l’acronimo, in una nazione che costruisce ad hoc, tramite la rete locale di sperduti comuni, nomi e cognomi a seconda della bisogna e della gestione delle norme delle minoranze etniche e religiose, e della Santa Romana Chiesa e del Vangelo puranco valdese, non ci fu un pastore che tradusse la Bibbia che aveva a cognome il nome di un comune della Calabria così diffuso, il cognome, ad Oriolo, anche come via del ridente paesello in altura nell’alto ionio? E non ci fu un altro che aveva il cognome della suocera del poeta che tradusse la stessa Bibbia per il canone della Santa Romana Chiesa stessa, e non fu la stessa suocera del poeta inviata nel pantano a mettere pietra su pietra per il cosiddetto pisciaturo del dispositivo di alleanza grammaticalizzato dalla compagnia della Santa Ammašcatura? In una nazione che quando chiedevano alla Telecom il numero telefonico del poeta che aveva l’acronimo quelli sempre a dire che non esisteva? E fecero allora questo modulo, che serviva anche ad autorizzare la molestia quotidiana delle promozioni telefoniche o addirittura per via email, e il modulo non entrava, nemmeno piegato quattro volte, in una bustina troppo piccola, pur a volerglielo rimandare dovevi per forza prendere una busta tua, almeno nel formato regolamentare della santa posta romana e della Santa Ammašcatura quadarara, e non stampava le bollette della nazione quel tale piduista, pitreista, piquattrista, in quel di Moncalieri, neh? Non gli vengono mai proposti delitti, complicità in gesti sordidi, frodi; non gli vengono offerte droghe, o Ghb, donne sicuramente sifilitiche, essendo lui il poeta nipote di quel tale soprannominato Parrot, come il medico francese della sifilide, o cadaveri di belle donne, ancora tiepidi. Il poeta ascolta con orrore, con viltà, con eccitazione. La sua vita povera di eventi si arricchisce di un fasto sinistro, egli ha la sensazione di essere al centro di una trama poderosa di infamie mirabili, come se raddoppiassero e moltiplicassero, per proliferazione infinita e inarrestabile nel futuro e nel passato, lo stesso nome che questa stessa trama amministrò nel distretto pretorile in cui il poeta viene tenuto prigioniero e privo del suo cognome originario, e, man mano, nella trama si costituiscono empietà senza fine e blasfeme apparizioni. Le voci che gli telefonano cambiano, come tutto cambia in un call-center, ammesso che le voci provengano da un call-center, d’altronde non erano dipendenti della Sip il cosiddetto padre e la sorella di un suo cognato acquisito che ebbe, poi, in dono, dalla famigerata Santa Ammasšcatura, un lotto per edificare palazzine per villeggianti a Roseto Capo Spulico, e ne vendette, senza alcun esborso diretto, al poeta stesso quattro se non cinque di quegli appartamenti nella ridente località del castello di Federico II, che dette i natali anche al famoso “Patajosha”, l’insegnante di educazione fisica che cambiò il nome(già costituzionalmente cambiato) del poeta ragazzo ai Campionati Studenteschi allo Stadio San Vito di Cosenza, dove, poi, nel futuro,giocherà quel calciatore di Argenta che perderà la propria giovane vita proprio nell’agro di Roseto Capo Spulico? Ma egli crede di aver riconosciuto almeno tre voci: una voce maschile che non gli dà frettolosi appuntamenti per audaci imprese ladresche, solo promozioni sempre al di sopra dell’attuale contratto di gestione della linea telefonica in non uso al poeta, nessuno, a parte queste voci di Tim, gli telefona mai e né mai lui telefona altri utenti; un’altra voce è femminile, e mai gli parla o gli sussurra nell’orecchio commerci carnali, fughe, complicità in piaceri singolari e supplizi al proprio oggetto “a”: mai questa voce che lo supplichi di essere accolta, di voler entrare nella sua vita, o, almeno, come analemma esponenziale, venire a far implodere al meridiano il suo (-phi) al quarto grado di erezione nella scala di Eric Berne, e quando egli è tentato di credere a questa allucinazione vocale, la donna gli chieda la sua email per inoltrargli una epistola fascinosa e perversa, in cui gli dà appuntamenti in case che non esistono, o nel bosco del pantano del torinese che non esiste, o gli dica esplicitamente che lei non fa che fantasmare la bifle del poeta e acciò gli acclude un’immagine del suo viso, tra gote e muso, tra naso e dita di una mano del tipo “necessaria” se non “utile”, se non l'immagine di quel che è la maglietta di Eric Berne, sul davanti: "I Love Bifles"; o con motti, proairetismi, connessi: "Ma Bifle sur Ton Front".
"I Love Bifles"
"Ma Bifle sur ton Front"

La terza voce suggerisce l’immagine di una donna tra la menopausa che è già venuta o sta per arrivare, una tipa saturnina vorace, che parla, con una bocca ingorda, monotonamente non di cose irrilevanti e casuali, dal tempo della guerra ai balli del dopoguerra, o forse di quelli del secolo prima; questa voce, come le altre e anche, non è escluso, di una quarta e di una quinta voce, non pare che attenda una risposta, sulla promozione da proporre, o su un suo discorso impreciso, sui ricordi di cui ha smarrito l’ordine, parla nell’orecchio del poeta e vorrebbe insufflargli il godimento che si sta facendo, è una voce anale in cui il poeta talora ha l’impressione di riconoscere qualche indizio, di natura anale, dell’accento del proprio (-phi) che lei sta lentamente, monotonamente, rinserrando da più minuti costipando la linea telefonica del poeta intestata alla suocera ammašcata.




[i] Un po’ come avviene al signore della centuria Ottantadue di CenturiaCento piccoli romanzi fiume, Rizzoli editore, Milano 1979.
Giorgio Manganelli: cfr. Giorgio Manganelli,