La passeggiata sul fuoco spento│ Reportage di V.S.Gaudio

La passeggiata sul fuoco spento nella Diocesi di Cassano allo Ionio e la marcia sul fuoco dei Tamili di Mauritius
Astra n.4: pagina 19
Astra n.4/1978: La marcia sul fuoco
V.S.Gaudio a pagina 18
La passeggiata sul fuoco, spento, sui terreni bruciati afferenti alla Diocesi di Cassano all’Ionio[i], che è quella dello storico mafioso italo-americano Frank Costello, il cognome originario è Castiglia, e della ‘ndrangheta degli zingari, con tutte le affiliazioni, e anche il franchising, e le finte contrapposizioni, tra un fuoco d’artificio e l’altro, anche recenti nella cosiddetta sibaritide, così non si fa mai il nome di Villapiana e Trebisacce, per limitarci ai due paesi confinanti, uno a sud del Saraceno e l’altro di là, verso, come dicevano in quel paese anche i miei finti genitori, l’Aminnulara, totalmente occupati dai cosiddetti redenti italo-albanesi, è anche la diocesi del più efferato e tristo assassinio nell’epoca del postcraxismo e del postberlusconismo, del piccolo bruciato insieme al nonno; dicevo: la passeggiata sul fuoco spento mi ha fatto ripensare allo speciale che l’Agenzia Union Press di Milano mi commissionò, se non sbaglio i tempi, verso la fine del 1977,  per “Astra”, che era il famoso mensile di astrologia del “Corriere della Sera”:                                                                       


Astra n.4 - Milano aprile 1978
disegno di Mario Uggeri
per i segreti della marcia sul fuoco


Astra n.4- Milano aprile 1978:
I segreti della marcia sul fuoco
a pagina 21 le foto di Giorgio Gualco
per lo speciale di 

l’Union Press aveva questo servizio fotografico di Giorgio Gualco sulla marcia sul fuoco fatta dai Tamili nell’isola Mauritius e io ricordo che feci una lunga ricerca sul rito, che i Tamili facevano naturalmente in India, nell’isola di Ceylon, ma che si faceva anche a Tahiti, in Giappone, nelle  isole Figi, a Trinidad, e finanche in Bulgaria: associato alla festa della primavera, originariamente si svolgeva tra il quinto e il decimo giorno dopo la fase di luna piena del terzo mese dell’anno, che è la stessa sistemazione del calendario della Pasqua della chiesa cattolica presente in tutto il mondo con le sue diocesi suffraganee, metropolitane e immediatamente soggette al Vaticano, come quella di Malta, per fare un esempio; insomma, visionai anche dei documentari, andai addirittura a vederne uno da un amico fotografo in Val Locana, e materiale su Kuda Bux, che era un indiano del Cashemir che fu al centro degli esperimenti organizzati dal “London Council for Psychical Research”. Nell’analisi che feci per lo speciale di “Astra” mi occupai anche delle due teorie di James G. Frazer,  quello del Ramo d’oro: la teoria della purificazione, il fuoco dato come fiera forza di distruzione, assunto come disinfettante; e la teoria solare: il fuoco, come il sole, una forza creatrice che sostiene la crescita delle piante e lo sviluppo di ciò che produce salute e felicità.
La Passeggiata sui terreni bruciati, in agro della Diocesi di Cassano, mi ha fatto pensare anche alle continue segnalazioni di truffe all’Inps e quindi alle centinaia di  falsi braccianti, tutti rigorosamente anonimi, come chi coordina la truffa e chi la mette in atto con appropriazioni indebite, e che sommate di volta in volta in tutti questi anni dovrebbe aver prodotto una somma di falsi braccianti e di falsi proprietari pari, se non superiore, alla effettiva popolazione relativa agli agri afferenti alla Diocesi di Cassano allo Ionio, quindi, stupefatto per l’iniziativa, fatta dai lavoratori dell’Azione Cattolica, mi sono chiesto se alla manifestazione o al rito parteciperanno anche tutti i falsi braccianti, e questa azione cattolica dei cosiddetti lavoratori, quindi degli zappatori, dei braccianti, degli agricoltori stessi, anche quel cosiddetto mio padre, fosse stato ancora in vita, avendo rinvenuto l’altro giorno il numero della partita Iva come agricoltore[ii], agli inizi degli anni Ottanta, quindi titolare di un’azienda agricola familiare, senza che io ne sapessi e tuttora non ne so niente, giacché era “maritato” con una che, venendo dalla Diocesi di Tursi-Lagonegro, non solo maneggiava i carboni ardenti con la stessa perizia dei quadarari e dei Tamili[iii], avrebbe sicuramente, quell'ammašcato marrano (Francesco) Saverio, ormai discepolo provetto della maestra carbonara, passeggiato sul fuoco spento sì ma a piedi nudi, come ogni scalzacane sa fare dalla nascita,  e magari con un bambino in braccio, forse: Enzuccio (che aveva quei bei sandalini da francescano, che non potevano andare bruciati) , come fanno anche i Tamili pellegrini, e come fu illustrato in questo disegno che  Mario Uggeri fece per quel mio speciale di “Astra” ; e magari, ci sarebbe stata anche la famosa commare che, moglie di quel medico di Villapiana a cui i "buoni uffici" di mio nonno avevano assicurato un esteso aranceto in agro di Trebisacce, percepiva, la patafisica Donna B.[iv], era sulla bocca di tutti, la pensione di bracciante agricola, vera!




Certificato di attribuzione
del numero di Partira Iva
a Gaudio Saverio: Ufficio Iva
di Cosenza 17/04/1982
[ii] Ecco qui il certificato di attribuzione della Partiva Iva emesso dall’Ufficio Iva di Cosenza il 17 aprile 1982 : 0110 AGRICOLTURA; GAUDIO SAVERIO corso Vittorio Emanuele 98, TREBISACCE(CS) ; numero partita Iva: 00997540786.
[iii] Si narra che , nella primavera di Pasqua, e anche nel periodo del solleone, a Sant’Arcangelo, in quella contrada che, poi, con espropri di uliveti di appropriazione indebita per farci lo stradario, sarebbe stata denominata Santo Brancato, in un uliveto di 10.000 metri quadri, la giovane devota arrivava prima di mezzanotte, e già da tempo un cumulo di tronchi e rami e gomme di auto e camion produce fiamme balzanti per almeno cinque metri: il calore è così intenso che non è possibile sedere vicino al fuoco, se nona una distanza di sei metri, a dir poco. Da questo semplice stralcio nella sua memoria, derivò per il giovane Enzuccio la passione per la prossemica di Edward T.Hall. Mentre i parenti tutti, con i genitori, il padre che aveva una concubina, una tal Di Noia, per quanto fosse piccolino, e con l’aria da pugnettaro incallito e anche di pedofilo indefesso, a guardare questa “donnaccia” si vedeva che il nonno materno di Enzuccio era un infaticabile amatore, almeno tra gli astanti questa convinzione era diffusa, dicevamo che mentre tutti i parenti( anche acquisiti e anche senza uliveti che, quando esce il petrolio nella Val d’Agri, bisognerà espropriare per non lasciare nemmeno ‘na coccia d’aliva a Enzuccio) danzano, cantano, suonano cembali e flauti, la cosiddetta “madre” di Enzuccio attraversa il tappeto di cenere che vela i carboni ardenti,” i minuti, le ore volano via, tempo avvolto o, meglio, dilaniato dal canto e dalla danza dei pellegrini”, scriverà V.S. Gaudio nel 1978: la fossa, profonda 30 centimetri, lunga circa sei metri e larga due, e lei, vestita tutta di giallo, specie al solleone, quando, poi, a suo dire,una volta maritata con il Maestro dello Spirito che vola nella controra, partorirà Enzuccio, con sfrontata pesantezza, lascia i piedi immobili, tra la cenere, a segnare orme che hanno una temperatura di 300-400 gradi, niente, non sente dolore, non sviene, non si brucia nemmeno, non ha mai avuto bisogno, come quei Tamili a Mauritius e a Ceylon, della pozza di acqua e di olio di cocco per lenire le ustioni, che lei, è miracoloso, non ha mai.
Iv Che forse poteva essere questo attante [di cui ha riferito il poeta V.S.Gaudio nell’intervista dopo l’effrazione a “parrottiamìnt” fatta dalla finestra del bagno nell’abitazione del poeta esiliato dagli ombroni nel Pantano di Villapiana]: “Un po’ come mi narrava un mio amico quando ero adolescente: che c’erano alcuni braccianti agricoli (veri, con la zappa, mica quelli di adesso che sono braccianti solo nella sibaritide e nelle carte informatiche dell'Inps) che andavano a zappare in un aranceto vicino a quello di Mia Nonna dello Zen( quello i parròtë, per intenderci) che nella pausa, forse connessa al demone meridiano, questo è poco ma sicuro, facevano la Bataille des Jésuites ansimando e evocando “Bice…Bice….”, vai a sapere chi fosse questa Bice, un altro dei misteri gaudiosi legati alle istruzioni gesuitiche, penso, più di Francesco Saverio, che, qui, è diffuso, piuttosto che di Ignazio, raggiungevano il gaudio proprio nel momento esatto in cui scadeva la pausa per mangiarsi i pipirùss e ggovë che s’erano portati da casa”: Cfr. Uh Magazine 2017.04