La catalana seduta nel "Red Square" di Malevich □

L’esercizio singolare nel Red Square a Taras
Come dentro il Red Square di Malevich, era un’abitudinaria. Vestiva sempre, da sempre, un completo grigio: aveva anche un nageur grigio, e un altro, di ricambio, con lo stesso rosso del quadro di Malevich. Non è importante, ma aveva tre paia di cappelli. Faceva la catalana seduta, in primavera, alle sette meno cinque; d’estate all’alba; in autunno alle nove e quindici e d’inverno appena dopo il tramonto, nei 6 gradi del primo crepuscolo, quello civile. Custodiscono l’esattezza della sua pratica quattro sveglie, ricondotte non al fuso di Roma ma alla longitudine in cui attuava il compito. Poi, era pronta per uscire, del tutto consapevole della gravità e del peso del suo pondus. Come nel quadro di Malevich, amava  passeggiare nel quadrato di una piazza, un cammino di 28 minuti. Poi prendeva un caffè e rifaceva il percorso. Una volta a casa, non amava leggere né libri né giornali, tutt’al più faceva qualche cruciverba. Rifiutava vento e pioggia, ma, quando pioveva, in verità, amava fare quel percorso del Red Square sotto l’acqua con l’ombrello grigio, camminava, a seconda della caduta della pioggia e del vento, 36 o 48 minuti. Tornata a casa, si coricava e, facendo un cruciverba, si rivedeva in quel Red Square come in un piacere singolare di Harry Mathews, tanto che una fiera lotta si scatena in questa donna saturnina e pacata; infatti, lei detesta i sogni, ama il fallo saturnino se non plutonico, come nella libido delle principesse del fallo mancante. E quindi nel piacere singolare prende il fallo mancante per altri 36 o 48 minuti, ne accumula talmente tanti  che alla fine, esausta, si persuade che il fallo, in realtà, non esista. Tuttavia, appunto il fatto che non esiste, ma ha tante forme, la turba profondamente. Nel suo quotidiano tragitto nel Red Square, lei esegue quello che chiama un “esercizio spirituale”, ovvero l’esercizio spirituale della catalana seduta: esso consiste nella limitazione del mondo su una sedia o una poltrona, nel cui ambito sempre meno possa accadere che il fallo mancante perda la durata del tragitto nel Red Square quando c’è vento e pioggia. E’ un esercizio che in realtà nasconde un disegno più sottile, pervicace e sapiente: lei vuole fare della sua sedia o poltrona e del suo itinerario un luogo unico, centrale all’ordine del mondo e del (-phi) lacaniano. E’ convinta, quando offre così offerta il monte di Venere, che il suo passo sia non solo il pendolo esatto del mondo ma sia risoluto e lungo quanto il fallo che la penetra di volta in volta. E’ convinta, dentro il Red Square, che il mondo, e anche il fallo, non sia in grado di tener testa alla sua esattezza. Pertanto, lei è giunta a coltivare una passione anche più temeraria. Un giorno lei eseguirà un gesto inesatto, incompatibile col mondo e col fallo; e questo, lei sa, verrà lacerato e disperso come un vecchio fumetto in un  giorno di vento. Seduta allora sulla poltrona , sia nella catalana[i] che nella cinese[ii], governerà sul Nulla epurato di piaceri singolari come se fosse nel Red Square di Malevich con quel suo irrorato nageur grigio Lejaby nella città di Taras.by Blue Amorosi




[i] La figura, sdraiata sul dorso, solleva e gambe e cosce quanto più le riesce, e come punto di appoggio si stringe con le mani i piedi, appena sopra le caviglie, per offrire meglio il monte di Venere. Allora il (-phi) si inerpica, e poiché lei, in questa posizione, non è in grado di agitare il culo, troppo lontano dal centro di gravità, si limiterà a dimenarsi e a danzare con grazia. Cfr. il quinto modo del Foutre du Clergé de France, 1790.
[ii] Lei deve piegare le ginocchia sopra le anche, in modo da far poggiare i talloni sulle chiappe. Allora il cavaliere la può infilzare così proficuamente da immergersi sin nel profondo. Il gioco consiste poi nel pompare come un dannato, da una parte, e dall’altra nell’agitarsi e nel far mulinare il culo, così da eccitare il fottitore, e ricevere a gola piena la dolce rugiada del vivificante liquore che l’irrora nella città di Taras. Cfr. il terzo modo del Foutre du Clergé de France, 1790.