Calza Rossa e gli schizzi del Gaudio│Uh-file di narrativa


La baracca degli schizzi del Gaudio
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Il 14 giugno i fiumi furono di nuovo percorribili per tratti così lunghi che decisi di partire. Tutte le carte e le annotazioni furono chiuse in un ripostiglio della baracca “Fortë e Shalë i mashtrimi”.
Sulla porta Aïno inchiodò un disegno che raffigurava un pugno alzato con un coltello lievemente azzurrino. Dal momento che sotto il Piano dell’Alpe ognuno, indiano o gliarone che fosse, poteva usare qualsiasi capanna, bisognava in qualche modo proteggere le carte. Anche I-Kallam riteneva che il disegno poteva essere più efficace della serratura. Comunque, qualora non fosse bastato l’avviso esterno, una volta dentro il viaggiatore intruso avrebbe trovato affissi alle pareti altri disegni che raffiguravano una ragazza indiana di straordinaria bellezza che usava il fallo dei viandanti alla maniera dell’eros dei castracani: anche I-Kallam riteneva che i disegni potevano essere un ottimo diversivo pure per gli intrusi ammašcânti e gli arbëresh d’Alisandra, che, notoriamente, erano poco propensi alle sollecitazioni della bellezza indiana[i].

Calza Rossa non era venuta con noi, era rimasta presso la tribù. Anche uno dei guerrieri di E-Kallam era rimasto là, per amor suo. Lo sapevano tutti tranne Saverio Gaudio. Persino io lo sapevo. Saverio raccontava che alla fine del viaggio sarebbe tornato là a “Fortë e Shalë i mashtrimi” e avrebbe vissuto con Calza Rossa, a Pozzofetente o da qualche altra parte financo nella zona costiera delle Tre Bisacce. Tutti annuivano e tacevano. Persino Mundo tenne a freno la lingua.
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[i] E gli intrusi, si narra, furono tanti nel corso degli anni che la baracca fu chiamata “la baracca degli schizzi del Gaudio”, nella lingua degli Scalzacani: “abbaràkk diskîzz’i Gavidĵ”, nella lingua dei Castracani: “e barakë i skicave[la “c” si legge “z”] i Gazi”. Altra denominazione del luogo tipico: “e barakë e kuqe” che gli indiani delle Tre Bisacce commutano in: “abbaràkkä da Cucckä”, ma il nome più ineffabile di quel punto designato 33SXE271146(cfr. nota 17) è forse quello coniato dai quadarari meticci: “e shalë e mashtre”, che è sì, in parte, “la sella dell’imbroglio”, ma è anche un po’ “la sella della maestra”, cioè della Cucckä dei Castracani, l’indiana che ha somatizzato l’oggetto a del capo spedizione con l’indice del pondus 8 e l’indice costituzionale 59. Per i quadarari indigeni e geneticamente puri, “la sella dell’imbroglio” si è sempre specchiata nella loro sella dell’ ‘mbrógliu, che,essendo un “rotolo di rame”, aveva il “peso di 1 Kg”, difatti il toponimo quadararo è: “shalë i ‘mbrógliu”(cioè la sella che richiede l’arnese di 1 Kg) con la variante precisa “u trunânte p’u ‘mbrógliu”(la “sella” per 1 Kg di rotolo di rame).La somma cabalistica del punto designato nel Foglio n.222 della Carta d’Italia, IV S.O. Trebisacce fissa invece come numero il 21, che, nel “Foutre du Clergé de France”(1790), è la posizione dell’Imbronciato, che illustra lo stato amoroso di Saverio Gaudio: l’uomo volta la schiena all’indiana e lei dovrebbe infilarsi l’‘mbrógliu. Solo che così, giacché lei ci rimette almeno un pollice, il rotolo non è più da 1 Kg e nemmeno è ménzumbrógliu. Anche se, come sostengono i chierici francesi e gli indiani francocanadesi, l’indiana non s’addormenta mai quando albeggia, nemmeno con i quadarari di Albidona che manco un quartumbrógliu tengono. Comunque, la posizione 21 dell’Imbronciato è quella della persistenza e, difatti, per gli schizzi che ci sono nella baracca da Cucckä come può ‘a ‘ndrappuna  dormire?
Oltre ai residui umani e animali rinvenuti nella Baracca della Sella, e parecchi referti di natura genetica e culturale destinati a Calza Rossa, fu rinvenuto, in tempi recenti, un foglio manoscritto con evidenti incrostazioni di natura sessuale con questa poesia lasciata in omaggio ad Arshalëzet(cfr. annotazione in merito in “Strutturalismo della Sella”, a seguire):
il legno è come la pelle e un po’ come il melone
e mani e dita vanno nel senso del sole
e risalgono a posarsi dove la carne con lo gnomone
fa verticale e profondo il meridiano
di largo in lungo si viene si va
cielo e vento liquido e macchia anche stesa
in linea tra i bordi dov’è il campo
e questa tela che aderisce fino al ventre carico
e inclinato tra la giuntura dell’inguine e l’anello
solare così marcato e pieno, il Jésuve che tira
acqua muscoli dita glande non bastano
ancora per bucare tra carne e tuono
remando con tutta la mano
fino al punto d’entrare nell’arco
della durata che ha lo spessore della controra
 
La qualità letteraria del testo fa pensare che il lascito sia opera di un poeta colto. Il riferimento al Jésuve non potrebbe che farlo un profondo conoscitore dell’opera di Georges Bataille.
In calce al foglio è vergato: Enzuvë a Pascipecora .



Da qui verso nordovest
si può arrivare a Pozzofetente
photo © blue amorosi
daèV.S. Gaudio La stagione della Sella dell’imbroglio 2
La Lebenswelt con Sten Nadolny sulla spedizione degli Scalzacani
per il passaggio a nordovest del Delta del Saraceno