V.S.Gaudio ● La bocca di Rita e l'ospite da armare

La bocca di Rita e la pistola del marito
Non so se vidi, quella sera venendo da Milano ed essendo stato accolto dall’ospite a sorpresa nella città sabauda con una pistola in mano, quanto il vegetarianismo si trovasse alleato alla castità o che la caduta fosse connessa alla carne, sia a quella che si mangia sia alla carne sessuale, e da allora il temporale e il carnale divennero per me sinonimi, tanto che la caduta fu trasformata in richiamo all’abisso morale e la vertigine in tentazione?
Fu Gilbert Durand che scrisse che Beelzéboub, che viene dall’ebreo zebel e significherebbe “Il Principe della Lordura”, è il raccordo isomorfico delle sfumature di vituperio e di abominio?
E scrisse anche che L’uomo che ride riprende a sua volta l’isomorfismo anale dell’abisso, fin tanto che sgomenti ci si possa chiedere all’infinito : “Cosa sarà allora la donna che ride, e dunque la padrona di casa che mi accolse ospite col marito armato di canna?”
Tra astinenza e castità, che è la doppia morale, da un lato; e il doppio disgusto, dall’altro. Nell’orbita o nello stadio della fissazione orale di Freud: dalla manducazione al ventre digestivo. Tanto che, è proprio per questo?, Bachelard disse che “la discesa non è una vera sventura”.
Ebbene: fatto entrare in casa con una pistola in mano, disse l’ospite armato: “La tengo per via dei ladri, o che gli salti in mente di venirmi a rapir anche alle Br” – eravamo negli anni di piombo ed egli, l’ospite, non era che un mercante seppur anche di armature e gambali per le femmine.
E nell’intimità della casa, in cui c’è sempre la tinta cupa dei grandi archetipi della paura e il tubo digestivo, che è l’arme di sviluppo del principio del piacere, la bocca dentata della moglie fu così che mi accolse tra le due fasi nello stadio di fissazione orale: 1) succhiato e nella discesa labiale; 2) tra i denti masticato.
Che uno si trovi a cena così nella riduzione microcosmica del Tartaro tenebroso e dei meandri infernali, tenuto in arma e, come Akim, avverso all’uso dell’arma, la bocca dentata, quel sorriso fallico di Rita, che è anche il nome della moglie o della donna che vive con Akim[i] nella Jungla e con Kar, il gorilla, non è avventato ritenere che si sia in quell’interiorità tenebrosa in cui la bocca dentata, l’ano, il sesso femminile sono le porte di un labirinto infernale o sabaudo che sia o buchi di accesso all’ontogenesi del sadismo nelle sue tre varietà.
Ma se il poeta continua nel tempo a mettere a lato l’arma, il carattere orale ha dietro lo schema diacronico e le relazioni sincroniche dell’insieme mistico di Mamma dell’Acqua; per questo non fa che vedere –nei pochi passaggi al meridiano del suo oggetto a – Rita nello schema del tuffo e della cucina fantastica, per quanto non ricordi proprio che cosa abbia mangiato quella sera a cena il poeta né che la donna si sia poi prodotta
in un patagonico tuffo dal trampolino di un metro anticipando, di trent’anni, sia il sorriso che la patafisica assoluta di Tania Cagnotto, quantunque sia pur evidente che l’angelus di Millet – di cui riferisce Salvador Dalì- più il pensiero invecchia e più il fantasma si fa rigido e convenzionale o preda di un umore depressivo, più fa l’angelo dell’abisso con quei denti e quel sorriso con cui masticò l’anima del poeta quella sera.
La bocca di Rita è come il vaso trionfale a cui si assimila il Mandala nelle cerimonie tantriche, in cui inesauribili sono i nutrimenti per i guerrieri(e i poeti) beati; il vaso – dentro il Regime Notturno dell’immaginario – si situa a metà strada tra le immagini del ventre digestivo o sessuale e quelle del liquido nutritivo dell’elisir di vita e di giovinezza: dentro – l’archetipo complementare è il gladio o la pistola del marito; mentre la Rita di Akim a quale archetipo fallico si dovrà pur appigliare? – sono complementari la mistica vacca Ator e il penus che è il guarda vivande e dunque l’ospite atteso o chiamato alla tavola, il palo o la pietra meteorica e la sorgente o il lago sacro, il campanile e la cripta, il gladio unito  alla coppa,dove affonda o addenta (nel)la carne e donde zampilla il sangue,  fino alla Dea Sidhuri, donna del vino[ii] che è Calipso e Ulisse che è sempre e comunque l’archetipo del fallo errante[iii] e irrumante, l’ospite da armare[iv].
Wordle: la bocca di rita




[i] Akim è un tarzanide. Sergio Bonelli ne fece una pubblicazione mensile edita da Altamira a partire dal 1976. In alcuni episodi, come in “La principessa scomparsa”, “Akim” n.16, settembre 1977, appare Rita, che, se l’avesse disegnata Eleuteri Serpieri anche in quegli anni, avrebbe avuto una più consistente iconicità.
[ii] Non si dimentichi che nel gergo torinese basè Margrita è “bere alla bottiglia”, come ricorda Bruno Migliorini, Nominazioni e personificazioni suggerite da “Evocazioni di gruppo”, in: Idem, Dal nome proprio al nome comune, Olschky 1927. Va da sé che il calabrese “margarita” non possa che essere “rubinetto”.
[iii] Nel furbesco, Margherita è la “corda(del boia)”.
[iv] Nel gruppo delle Armi, Marguerite è “poilu”, “peloso”, uomo valoroso, che ha del pelo(e che ne voglia anche), che fa da specchio alla pistola del marito, che, come “poilu” va inteso come “trincerista”.

Olive in my kitchen, Brooklyn
by 
joshwool
non è Rita ma è in cucina e ci si avvicina...

Il sorriso di Rita
era proprio questo di Tille Potine

o questo di Emily a Vancouver ?