Gio Ferri • La femme égorgée



La femme égorgée

Libro II, Canto XII vv 1-24
(variante)
Storie di un Commissario.
Alle cinque del mattino il telefono dà l’allarme. C’è un cadavere. Un altro. Zona ticinese.., Strabiliante sorpresa: sul corpo nudo della donna è posato un foglietto con una poesia di Saffo…Come si iè già sospettato per un primo omicidio, l’assassino è un poeta?

Sì. È l’Ada. E disimmensa eppur non è flacida.
Nulla del crudele Innominato. Persin placida s’appare
e chiara della squassata sperperata giovinezza.
Una collana al collo non perlacea, ma rossastra:
una mano lieve, forse, liscia la gola le torse.
Femme égorgé. Egorgée!
Così divaricata pare aperta, rivelata.
Dolcemente violentata? Ma è diafana, non ritorta.

Debordante grazia, sì, pacificata. Ma l’orrido
è pur nel sanguinolento fiore scolpito nel pube
che al bosco folto si rube il calpestato rubizzo
pistillo dislacciato. Nuda sul ventre possente
all’orrore incombente strano foglio sì leggero
che tremula al soffio d’aria
candido di grazia càlligra
riletto dice… di Saffo e Alceo…

Innaturale richiamo per quella macellazione
alla pudicizia d’un lirismo infante: chiede
che la brutalità si risparmi lo squarcio del
piacere a quella libido della mente, per un senso lieto
di pudiche trattenute
arsure. Incredulità.
Legge il commissario quel contorto contratto,
abisso contrasto:
“tu dolcidula purissima      aulente saffo pùdica
il riguardante Alceo      gli occhi radianti piacere
senti del pudore che      lo frena per quell’amore
di cui ancor pur si trema…”

  [Dall’ASSASSINIO DEL POETA]