Quelle che la Bianca Deissi™ ⁞ Era Adriana Ivancich 1950’s la figura della Bianca Deissi™ ?


V.S.Gaudio e Adriana Ivancich | L’immagine a somiglianza?

from "Astra", un numero del 1979
Adriana Ivancich at Venezia
Intervista di Simona Pisani a V.S.Gaudio
SP| E’ vero che molti, alcuni addirittura te lo scrissero, in merito a quella tua fotografia quando hai cominciato a firmare la rubrica psicanalitica per “Astra” del “Corriere della Sera”, ti dissero che c’era qualcosa, un quid, una sorta di punctum, che ti faceva assomigliare alla giovane Adriana Ivancich?

VS| Sì, è vero. All’inizio non riuscivo a spiegarmi la cosa, anche perché non avevo mai visto la Ivancich nemmeno in fotografia, figuriamoci dove la trovavo una sua foto relativa al 1950 e al 1951!
SP| Poi la trovasti?

VS| No. Passò del tempo. Una vita, forse. O forse due. Ricevevo strane lettere: quelli che, quando ancora non c’erano i troll e il web, scrivevano a cazzo per attaccarti e molestarti, che so…dicevano che non capivano la mia poesia ( o era difficile, e dovevo farla facile, come ti permetti di scrivere "alto"?) anche quando, metti che era una Lebenswelt e, l’avevano vista(letta non credo, questi tipi sono della categoria “fesso chi legge” e poi pubblicano  le loro poesiole a pagamento o anche, ormai, negli spazi editoriali che fanno capo tutti a quell’evasore che portava il denaro destinato alle esattorie italiane nell’isola che, più di qualsiasi paese, è connessa direttamente allo Ior) su una rivista che faceva capo a un determinato ordine o associazione di medici, quindi di gente che del linguaggio scientifico o, quantomeno, specifico qualcosa avrebbe dovuto non dico capire ma parzialmente intendere. Insomma, parlavano a suocera perché nuora intendesse…Però io capivo che c’era questa genìa di custodi del nulla e anche vigliacchi che usano questa strategia dell’ombrone ma non riuscivo a dare una figura alla suocera e nemmeno alla nuora. Oh Dio, però, una cosa era evidente: giacché eravamo nel  paradigma della suocera e della nuora, beh, sotto, si capiva, era evidente, era al dispositivo di alleanza e di sessualità che alludevano.
SP| In che senso?

VS| C’era stata un’americana che un giorno capitò per caso e apposta in un posto[ a Torino, o a Milano, se non a  Verona, o a Padova, a Mantova,  non lo dico, dove si tenevano dei reading di poesia la sera  e io ogni tanto ci andavo per via del fatto che si mangiava e beveva bene e anche per vedere dove cazzo si stava andando a sbattere la testa per via della poesia  dopo Tel Quel e V.S.Gaudio, che era il più interessante e intelligente della giovane poesia, a detta di Giorgio Barberi Squarotti] e mi fece, no, no quello che tu pensi, stai sorridendo con quell’aria, mi fece uno strano discorso e poi finì col nominare o alludere a questa signora ch’era stata la figura di un personaggio chiave in quel romanzo di Hemingway.
SP| E…
VS| E c’era stata anche un’altra, metti ch’era la nipote di un importante uomo politico della prima repubblica, più volte ministro, che pure mi venne a parlare di questa figura.
SP| A Torino?
VS| …..
Adriana Ivancich e E.Hemingway
SP| E tu?
VS| Io niente. Non capivo le indicazioni o le allusioni, oppure le indicazioni erano poco decodificabili. Insomma, andavo per la mia strada. Poi, fu pubblicata quella fotografia che, non ci crederai, mi era stata fatta in un convegno di poesia e cazzate varie, forse a Trento, da un amico poeta di Venezia e…chi la vedeva, e conosceva l’immagine della Ivancich giovane, diceva…che, beh, c’è una strana somiglianza tra te e Adriana Ivancich. Somatica, non poetica. Anche negli anni ottanta, quando ormai me ne stavo per i cazzi miei ma controllato a vista dalla setta degli ombroni nel delta del Saraceno, capitava che se interagivo con colleghi giornalisti, questi, già all’inizio, si riferivano sempre alla foto di “Astra”, come se quell’immagine avesse un qualcosa di patagonico indefinibile o fosse la risoluzione integrale del punctum di Barthes. Spesso capitava che fossero giornaliste famose o molto visibili, facevano tv o  nel quadrato del bla-bla apparivano spesso, e, quasi fosse un vezzo, alludevano sempre alla mia immagine in quella foto anche negli anni novanta, quando ormai degli anni di piombo del tempo della foto tutto era stato prescritto se non cancellato.

SP| E allora questa somiglianza hai potuto, poi, verificarla in qualche modo? Tu sei un decodificatore plutonico, niente resiste alla tua analisi e alla tua penetrante critica, arrivi a scovare cose impensabili anche in un semplice fatto di cronaca avvenuto chissà dove e divulgato con i soliti stilemi importati dal 5% della verbalizzazione della cosiddetta autorità inquirente.

VS| Solo recentemente mi sono reso conto che in effetti tra qualche immagine di Adriana Ivancich degli anni cinquanta e quella mia immagine c’erano degli elementi di connessione.
SP| Tu sei un esperto di somatologia, antropometria, e fisiognomica.

VS| E di genetica e psicanalisi, stato civile e ufficio anagrafe, antropologia culturale e piaceri singolari, creatore della scienza effimera della manomorta [ come è stato indicato nel ForseQueneau, di cui uno degli autori era stato dal poeta, da lui ingiuriato e offeso, querelato e portato al giudizio da una procura della repubblica che quando mi notificava le citazioni in merito ometteva sempre  non solo il capo d’accusa o d’imputazione, i dati dell’imputato e, cosa veramente Heimlich, l’articolo del Codice di Procedura Penale  alla base della citazione come P.O.T.: non usava il modello prescritto e scrivevano: Visto : e dovevano metterci, specificare, l’articolo del Codice relativo alla procedura, invece non ci mettevano niente, era omissis, per me non c’era il C.P.P., visto: niente, se vuoi venire, senza sapere un cazzo, vieni, altrimenti…t'appìchi al POT!].
SP| E dunque?



Bianca deissi |  "fermenti"
n.183-184,
Roma gennaio-febbraio 1987
VS| La Bianca Deissi, in cui c’era Ronald D. Laing dell’appena  nuovo libro tradotto dal mio amico Camillo Pennati, che annida una stasi esistenziale, la figura entra in scena, quella , pensavano tutti che fosse quella del cavallo nero di Hemingway, qua la figura o
è un cavallo bianco, la puledra del brivido
che tocca terra dentro l’utero vortica
è scatola
è arca
cigno o scrigno
è  blastula
da cui il tatto sospende immagini
sinestesia che annida radici, tronco e
cordone nel grembo
ove il  vento tocca il seno del mare


Adriana Ivancich e E.Hemingway
Hemingway andava sul nero, questo è chiaro, V.S. sul bianco e la paura coriale, suono del ventre, acqua o suolo che non è placenta, né albero, tra l'anima dell’uno, metti lo scrittore americano, e l’animus dell’Ivancich, il cavallo bianco, la figura, quella Bianca Deissi, questo è l’assoluto Heimlich, freudiano quanto si vuole ma profondamente annesso al mistero del gaudio.
SP| Il poemetto, quando apparve in “fermenti”, la rivista di critica del costume e della cultura diretta da Velio Carratoni, nel 1987, e la Ivancich si era suicidata nel 1983, aveva a fianco qualcosa dedicato a Salvatore Fiume che, vai a vedere l’Heimlich, rinvia a Fiume-Rijeka, all’Istria, che è la  terra d’origine di Adriana Ivancich, cognome che, come sostantivo croato, corrisponderebbe alla margherita che in una Bianca Deissi e negli infiniti aranceti che dovrebbero competere ai tuoi nonni latifondisti entra sempre in scena, così, bianca deissi, annida una stasi esistenziale, diciamo che la luna in superficie ne boicotta i fantasmi?
Intervista di Simona Pisani
| Tabloid

VS| La Bianca Deissi  l’ho scritta appena dopo l’uscita del libro di Laing, l’ho letto e l’ho scritta, la Ivancich era ancora in vita, ma io non sapevo nemmeno chi fosse e dove stava, tu pensi che per una sorta di corrispondenza Heimlich attivata dalla paura coriale e dall’ansia blastocistica avrei potuto chiedere a Enzo Tortora, che era mio collega per “Il Monello”(in cui eravamo ognuno titolare di una rubrica), di fare entrare in scena la figura, la Bianca Deissi a “Portobello”?