Uh, quel poeta !▐ Franco Capasso

Se non fosse per tutto il silenzio
e la luce del mare che m’investe
e il sole e le colline azzurre
io sarei forse già il viandante
della notte che mantiene la mia testa
e il mio cervello confuso
come un giorno confuso
sul tabulato delle ore che cadono
così veloci da non farsi sentire
Se non fosse per questo breve tempo
che ci tiene al gioco delle parole
ai piccoli inganni della vita
io forse non starei con voi
ma nel silenzio totale
che avvolge la luna
e i sentieri del tempo
che si trasformano in brevi storie
confuse nel dettato della morte

FRANCO CAPASSO

MUTO INCEDERE IN ECHI E RISONANZE



Questo sforzo di stare insieme
distruggere le paure della solitudine
per uccidere il tempo nei piccoli
e brevi reperti fossili della memoria
Parlare del fatto nella contraddizione
e nel gioco della menzogna è l’unico orpello
che giova a favore del tempo che ci sta uccidendo
giorno dopo giorno in quella assurda menzogna
che la vita ci ha costruito intorno
a simulacri di parole

***

Invano si formalizzò intorno al compasso
I numeri erano la sua farneticazione
e specchiavano in perfetta luce
la tavola della vita
C’erano molte scadenze scritte
Non sapeva quale affrontare
E allora fissò la data
l’ora
il giorno
il mese
l’anno
Solo così credeva di risolvere l’enigma
L’orrore della partenza lo teneva sospeso
Vinse la paura cercando la circolarità perfetta
del mare
Lì era seppellita la sua cifra
nelle terse piastrine numerate


***


La madre era gravida e bianca
nell’odore di sterco della piccionaia
Al greto c’erano panni stesi
e voci di donne che aspettavano
il sole la casa delle viole non ha più occhi
oggi che il colore si è spento
di tutti i cicli che non ritornano
consunti nel passaggio di quelle voci
fissate nell’acqua che ancora scorre
nel muto andirivieni del cerchio lunare



▐ Franco Capasso Punto Barometrico
Pianura 1976: pagina 21

***


Gli uccelli turbano l’insonne cerchio
ritraggono armonie in vortici d’occhio
sospeso nel viaggio in bios traducono
l’erta ala planante
dove in subbuglio sciamano
intorno alla ruota che ammanca
verosimile apparenza
del vero
: inalberano la luce in ali
Dove l’arco della padronanza è sovrano
elemento artefice nel bacio della perlustrante savana



***

Qui me ne sto senza pensare
: la vita brilla sul davanzale
: il sole contro il cielo
il mare corre in correnti balenii
Anna non parla ha problemi
se io penso a come sono arrivato
in questa terra senza ragione
e per debolezza ho cantato
per farmi ascoltare il silenzio
dentro il mio udito un tempo amavo
correre farmi sentire dalla ragazza
che fuggiva verso la chiesa di S. Giovanni


***

Ora che la casa è sbarrata
ci sono solo finestre di luce
segni vaghe ardenze dentro il vano
Non si schiude la strada che un giorno
era ben delineata del viaggio alba
di furenti voli dimenticanza di quel fuoco
che toccava la cima del ramo più alto
Ora tremante si fa la parola incidendo la carne
di vuote crisalidi labirinti di selve
canti strozzati prima di nascere il sole
Non basta ripetersi in quel fuoco
che ricorda appena la fiammata
in quel turbine vago e aspro
della passione il sonno è la creatura più indifesa


***

Come un granchio o ragno
Come una musa notturna
una muta reliquia
Forre e fratte di schianti
Impetra
la fulgida pietra intrama
la voce che dirupa
il sonno inquieto
il sonno camuso che richiama
la polvere di tutti i venti
dall’alto e del profondo
:venti che corrono sui lisi rottami
d’ogni epoca
d’ogni ombra la mia
nel fasto che si sgrana
e corre sulle ali inclinate
del vento che scrive
la sua verde canzone

***

Mi guardo intorno e formo un cerchio
Mi guardo per non cercarmi e ti cerco
La voce tua viene per trovarmi e mi inabissa
Nel fuoco più cocente è la mia impronta
Sono disteso e ti penso con l’acqua di tutta la pioggia
Ti penso come il mare e il sole e la terra amata
Avevo dieci anni e il giorno bruciava
dietro verdi balconate e giardini
Mi guardo ancora intorno per paura
Il mio amore è fredda pietra dura
Levigherò la memoria per sognarti
Ti perdo nel sonno e il filo è spezzato
Vieni altezza per volare
Sospesi sono gli occhi dell’impiccato


***

Costruisci fulcri tele solari
organismi del vero
Tu che umano fosti nella perdita
- la luce efferata deviò il suo corso
sul difficile tracciato dei segni
scegliesti la fiducia nelle parole
la grande costruzione in organigramma
per gli evi
Chiara fu la tua misura
limpida la tua misura
nella forza dell’esempio
Ora che il fuoco ha raggiunto
gli sgomenti uomini della proda
la vivida memoria argine della fede
richiama le forze vive nella prosecuzione
del tuo tracciato lucente e vivo


***

Mi coprirà la terra e il sale alla bocca fiorirà.
La voce mia ha un nome come la voce
e la luce avrà un nome come la luce
e il vento avrà un nome come il vento
che non saprò decifrare come il mare.



* * *

Mi dico di morire
e infine dico che voglio vivere.
Sono stato sempre così in questa eterna contraddizione.
Non si può amare tutto e non si può avere tutto
e non si può raccogliere tutto.
Il seme crescerà e fermenterà nella terra.
L’acqua piovana e le stagioni avranno pure un loro scopo.
I mari non sono deserti.

E la mia voce qualcuno l’ascolterà.

▐ si ringrazia Alessandro Carandente 
per averci trasmesso questo poema di Franco Capasso

Raffaele Perrotta
da: La rettifica è la retta
Nota introduttiva a 
Franco Capasso▐ Punto Barometrico
▐  Pianura 1976

(…)

La morte civile della provincia italiana, il ‘vano’ e il ‘vuoto’ di Lorenzo Calogero ( ‘scrivo e non vedo’), invano edito da Roberto Lerici nel vuoto degli anni sessanta(sessantatreismo permettendo). Dalle ‘vane orbite’ di Calogero alla ‘tarpata orbita’ di Capasso. La scrittura, non vedendo, non provvede. Ma la scrittura, se è storia, è scrittura che vede(‘teoria’); e vedendo, provvede. La rettifica è la retta a cui dà retta Pianura, è la retta che lo stesso Capasso premette. La premessa sarà messa(in questione)? O la demenza potrà più della mente? Pianura impone la risposta. Capasso è redattore di Pianura. La risposta lo riguarda doppiamente: come scrittore in proprio e come redattore di Pianura: ‘dato bios / “in folio” vocis’.
La fondazione della filosofia rimanda al Cogito, ma l’uomo, fondantesi filosofo, che ἱστορία, si dispone innanzi alla storia – al tempo e ai tempi(dell’essere) - , al contenuto della σοφία , rimanda alla follia. La trasparenza della mente è di Cartesio, ma va a ritroso fino a Platone: è pretesa del filosofare occidentale. Ma i segni occidentali sono tesi. Alla clinica fa riferimento Foucault.
La prefazione di Capasso e il ‘diario’ dello stesso ci portano e ci riportano alla scissione e all’ambivalenza dell’Occidente: (la pretesa del)la Ragione e (la tensione del)la follia. I sommari dell’Occidente includono (cominciano a includere) mente e demente. “La follia del Tasso, la malinconia di Swift, il delirio di Rousseau appartenevano alle loro opere come queste appartenevano a loro(…)Poco importa il giorno esatto dell’autunno 1888 in cui Nietzsche è diventato definitivamente pazzo, e a partire da quel giorno i suoi testi rilevano non più filosofia, ma psichiatria”.
Proprio per tener ferma la mente dobbiamo parlare della storicità del demente. Più ci si situa negli anfratti della demenza (coscienza della demenza) e più è possibile che la ragione sia ragione delle cose, la stessa ragione delle cose.

▐  La dedica di Franco Capasso,
del suo libro edito da Marcus nel 2004,
 a V.S.Gaudio

L’arco paradigmatico di Franco Capasso

Ci sarà da scrivere molto sullo schema verbale del “Possedere” e del “Penetrare”, che, lo si sa, afferisce alle strutture mistiche o antifrastiche, in una poesia in cui  il sintagma è strutturalmente eroico, cioè diurno: si dovrà vedere come il paradigma profondo, calmo, nascosto, della poesia di Franco Capasso si sintagmatizza tra salire/cadere, alto/basso, separare/mescolare. Dalla “coppa” alla “spada”, una sorta di trascendenza ascensionale:  il poeta prende l’arco, arma potente,  ci dispone sopra una freccia aguzzata dall’adorazione, lo tende  con un tuffo mentale nel sentimento dell’unità e tirando a un bersaglio “buca” l’eterno…

V.S.Gaudio



Franco Capasso, un poeta in viaggio


Domenica 11 Maggio alle ore 10.30, alle Scuderie del Palazzo Mediceo di Ottaviano, si terrà il convegno dal titolo " Franco Capasso, un poeta in viaggio " a cura di Gaetano Romano.
 Il poeta, nato a Ottaviano nel 1934, e scomparso nel 2006, attivo per oltre tre decenni sulla scena letteraria nazionale, con letture pubbliche, convegni, mostre, riviste, antologie, e con una decina di raccolte date alle stampe, ritorna simbolicamente, sui luoghi da cui era partito per addentrarsi nelle segrete stanze abitate dalla "donna senza volto " come definì la poesia in una lettera indirizzata a Jean Charles Vegliante.



Saranno presenti : Luca Capasso, Sindaco di Ottaviano, Marilina Perna, Assessore alla Cultura, Costanza Falanga, Alessandro Carandente, Marcello Carlino, Ciro Vitiello, Gaetano Romano


Performance dell'artista Peppe Capasso


Per informazioni : 333 – 3584458

metartcontemporanea@gmail.com
Patrocini : Comitato Festa, Pro Loco, Comune di Ottaviano, Provincia, Consiglio Regionale, Parco Nazionale del Vesuvio, Metart