Maria Pia Quintavalla▐ Nessuna lingua umana


NESSUNA LINGUA.

Nessuna lingua umana mi darà ragione
sono come sono, senza sottane d’oro
né bianche che solleva il vento
ma appoggio il mento e gli occhi
su un momento.



PIEDI.


piedi,
i miei piedi nati per sognare
sentono ora che la terra non suona
non può suonare, ma tra mille braccia
costruiranno una volta fronte magnifica
e profonda.


Maria Pia Quintavalla
Nessuna lingua umana      



DIFFERENZA.

come sei bella sembri
una montagna, differenza che si eleva
sopra di me il tuo ritmo
è sapore rosso sapore blu
tutto ti appartiene, nessuno
io non ti appartengo.

indebolita da muri bianchi
sognava lungo linee di stelle mosse
              spazi di lenta costruzione
              meno di una poesia.

Un idealismo pensiero che mi delizia
ha la mia donna ideale, sogna
su tutte le pene delle altre donne

non sarà la cerniera dei corpi     la parola
ma lingua di rosa
come meteora venuta.


cresima sacra  mia futura,
né sole né luce  ti protegge le spalle
solo momenti di magica andatura

il passo di danza,
la statua,  la piega di veste
di una sarta moglie della sua bravura.


POMPEIANA.
A noi due che ci amavamo
sotto noi due dipinti, assorte
divinità di noi stessi
propiziavano amore

stando qui in terraferma, io e te
febbri ci presero grani
cavi come la terra.
settecento dame celesti
non bastano – a guidare alla mia destra
nave di fiamma, piccola scendeva.

L’austerità del tuo cielo
che freddo che buio

tonda pace di mia madre
abbia ragione o
non abbia ragione – ma con gioia.






I MORTI.
lontananze, iperuranio e
stoffa e materia sopita

angoscia che accompagna,
piégati un giorno e divieni –
anche tu povera.
La volta celeste suolo sottile
per questo eravamo create

In firmamento corre un’anima sacra,ù
è la nerezza del verbo – anima sangue

che cammina.

la pace che luccica
sulle vallate è grande come il firmamento
le mucche e gli animali terrestri
sono tutti piccoli

la mia anima intanto
era qui, senza pensieri
dove tu la volevi
riposavo vicino alla tua spalla.
resisti resisti
alla dolce pressione
sulle tue tempie
le cose fioriscono.

pensare mi rattrista, ora
così come sognare

Ho ucciso un’ape, era inverno

questo momento è piccolo
e sepolto nella notte.

dio mi ha già fatto abbastanza doni
per oggi posso riposare
ma salvami domani parola terrestre,

all’ora della luce
io corteggio
i fantasmi che voglio.

per essere ulisse

c’è qualcosa che il mondo mi incarica
ogni nuovo giorno ha quietato

i miei sogni, io non sono che seria
serissima sempre.


NEL SOCIALE.
nel sociale nel sociale
si è cacciata la mia amica
sabato si nascondeva

cantare si doveva
fra di noi teste delle dolci amanti
delle dolci sorelle
in risa cerchiate
           inutilmente nominate
restate, così restate.





La semplicità non piace più
e si tratta convivere,
senza più uccidere

silenzi di certi anni fa
sfiorita sola e muta.

Le donne a questo servono,
a ritardare la barbarie.



No tendini  fiorire

aspettare e indurire
come santo e intorno.

piccola acqua che in ogni terra
è popolata in sogni e creature
l’io è questo
controllare la marea.

Volontà di capire o di credere
stanca pratica come mai
di preghiera di donne nelle case

E’ venuta l’era delle macchine a provare
che siamo stanche, in molte
a chinare la testa vicino a una meta.


FUTURA.
Dal silenzio quell’unno amico –
annunciati così

chiara nube sopra chiaro orizzonte

questi sassi che trasformano,
questi sassi e la sua sabbia.

INTERVALLO.
Intervallo, uscita
da l’incantamento

Incantesimo Unico,
Unica Unità

e improvvisamente cambiando
di falla non si ammala più, cambiando

di nome non si ammala più cambiando

di segno non si ammala più.

da : Maria Pia Quintavalla Il Cantare Campanotto editore Udine 1991

La postfazione di Nadia Campana
a pagina 59 del libro di Maria Pia
Quintavalla, ed.cit.
POESIE PER CIELO E PER TERRA
 Nadia Campana



Queste poesie delicate ma per niente soavi, affidano all'alba e ai valori del giorno una chiara e tenace volontà di vivere nel reale. Con mezzi semplici e attraverso un continuo sacrificio dei riferimenti onirici e dell'impressionismo romantico, Quintavalla vuole farci vedere qualcosa toccando solo l'essenziale. Quelle vere e proprie tentazioni per chi come lei, oggi, è tornato a pronunciare la parola "io", si dissolvono di fronte alla forza di chi sa guardare, respirare, assaggiare, consumare la vita traducendo questo viaggio in una geografia mentale.
  Così il ritmo di questa poesia è scandito da quel ricco sbucare nei comportamenti. Ciò detto, la semplicità di cui si diceva, appare più complessa e aspra, il suo contaminarsi con qualcosa di strano e di fisiologico evoca un'associazione di pensiero e vita, filosofia e stati materiali che ci riportano agli scritti sulla "crudeltà" di Antonin Artaud o a certa gestualità dei poeti russi degli anni '20-'30 a cui Quintavalla deve essere stata vicina.
      Con alterezza muovendosi quasi al di fuori delle istituzioni poetiche, rifiuta ogni stabilità finché non si ritrovi in quel punto disarmato e cedevole che solo dona le radici del volo. C'è aria di mare, di sorelle, di bambini in questi versi: essi nascono al linguaggio col talento naturale di chi parla all'orecchio, alle emozioni, ai sensi. Quella grazia le permette di pronunciare certe parole come se fosse la prima volta e le avesse inventate lei. Lessico primario, preferenza della figura alla metafora, struttura paratattica camminano sulle tracce di un suono popolare, di una canzone, di un fruscio di corpi. Lì le parole paiono abitare ancora con naturalezza, non c'è bisogno di cercarle. Precipitino pure un momento dopo nel silenzio, perché altro non c'era da dire. Ecco il perché della brevità di questi testi: il compimento della comunicazione è un miracolo felice che non ha bisogno di prolungare e conservare.
marzo 1984