Giovanni Fontana ■ SINERGIA E COSÌ SIA




Giovanni Fontana

SINERGIA E COSÌ SIA



Ecco. Arrocco. Strabocca e sblocca finalmente il flusso della contaminazione inquietante. Quella che stempera la densità dei segni. Ecco le confluenze. Quali le intersezioni. Quali le interferenze. Dritto dritto al pluripotenziale. Colori, architetture. Corpo e gesto. Grafie. Manie. Rumori, suoni. Un disastro. Demolizioni. Sedimenti. Azioni di recupero. Quando il gioco è poetico. Quando la voce è inscritta nelle pieghe. Negli interstizi dell’interlinguaggio. Dove la glottide apre bolle fluide e sgrana balle variopinte. Chiude. Monta e smonta. Percorre. Scassa. Rimuove. Assegna. Raccatta ed ha funzione riparatrice. Portante. Strutturale. Benedicente quando mira a cosce tornite. Correttamente abbronzate. La voce catalizza e media. Organizza. Dinamizza. Ri-testualizza. Suda sulle carte. L’oralità traspare. La vocalità precipita. Come sali in soluzione satura. Qui la fonosfera s’ispessisce di giorno in giorno e il suono è fluido. Lo affido al grido talvolta. Per libido attraversa tempo e spazio. Ti può seguire sempre e ovunque. Per questo la riorganizzazione del progetto poetico appare urgente. L’interazione tra vocalità e scrittura, quando l’una attraversa l’altra e viceversa, offre speciali zone d’intervento. Ecco che l’elettronica richiede le sue sintassi. Allora. Ecco: una scrittura che non produce testi. Ma sesti e archivolti spinti oltre confine. Pre-testi da trasfigurare. E già trasfigurati. Visualmente. Acusticamente. Plasticamente. Territori d’azione primaria. Luoghi rovesciati. Centri di gravitazione perturbata. Per la riperimetrazione del senso. Oltre il vocabolario. Oltre il consenso. Oltre la pagina. In termini di spazio-tempo. Per un’elaborazione testuale azimutale. In prospettiva elicoidale. Catastrofica e frattale. Che sfida il maestrale sulla barca di linguaggi definitivamente sfasciati. Filosofie perdute in situazioni ritmiche. Tragiche e irridenti. Dove la vocalità attraversa l’immagine. Attraversa la scrittura. Versa il suo contributo al progetto poetico con bollettino di conto corrente intestato all’arbitrarietà. Alla spinta ideale congeniale ai termini di funzioni rinnovate di voce-segno-gesto che amplificano il testo. Lo condizionano in sede tecnica. Montaggio. Coraggio liminale. Coscienza intermediale. In azione. Oltre il “cut up”. In simultaneismo multifunzionale. Viscerale e razionale. Sensoriale. Emozionale. Iperrelazionale. Conflittuale. A tratti sapienziale. Senti il sound di strada e della sala da concerto. Quello mediatico. Quello asmatico dei poeti d’altri tempi. Rap o jam hip hop o “toast” o scat o dozens, rock, jingle, pop e modi popolari e arcaici. Affabulazioni, litanie, formule apotropaiche e scioccherie di sesso e di cesso. Melodie a colori. Monodie d’immagini semiografiche. Prefiche magiche. Eutrofiche e distrofiche. Ipertrofiche. Sinfoniche e schizofreniche. Ma sempre in armonia polifonica. Insomma: spartiti straniti. Sfiniti. Abortiti o pervertiti. Aguzzi. Squisiti. Inviperiti. Inauditi e invisi. Come dovrebbe essere la poesia di questo secolo. Forse. Il gioco delle confluenze e degli sconfinamenti esagitati. Sbrindellati e scoglionati a volte. Testi integrati, spesso. Ultratestuali. Politesti in risonanza. Ipertesti verbo-sonori. Visivi e multi poietici. Ultratesti trasversali. Polifonie intermediali e interlinguistiche. Nel pre-testo i germi metamorfici per la complessità di tessiture dinamiche in serie. Iper-hyphos. Nel dissesto pluridirezionale. Il pre-testo pluripotenziale. Multilaterale. Policentrico. Poliritmico. Multivalente e multidimensionale. Ipergrafico e strafottente. Per ampliare e snervare i confini della poesia. Mentre la materialità dei linguaggi s’aggrappa a voce, a corpo, a nuovi media, a strappi, a inchiostri, a incastri in hypervox.

Giovanni Fontana ■ Partenope